giovedì 30 luglio 2009

LE MACCHINE NERE

Non tollero le macchine nere. E' stato ampiamente dimostrato che la visibilità di un'auto nera è inequivocabilmente inferiore rispetto a quelle di qualsiasi altro colore (bianche e gialle stanno al primo posto, seguite a breve da quelle rosse: indovinate un po' il colore della mia macchina :-D).
Non tollero neanche le macchine con la verniciatura metallizzata, decenni fa dominio pressocchè esclusivo dei magnacci, ma ora le più diffuse per ogni tipo di utenza. Però vedere i SUV neri mi porta un'irritazione formidabile, ma anche una semplice minuscola Twingoo nera non è che mi concilii col mondo. Dico io adesso: in estate il nero assorbe ogni genere di radiazione, contribuendo ad aumentare l'energia assorbita dall'auto (più caldo), è più facile diventare bersaglio di guidatori distratti o assonnati o con difetti di vista, magari indotti da stati di tossicosi alcolica o narcotica.
Cosa ci troveranno questi automobilisti nelle macchine nere? Temo soltanto l'espressione di uno status-symbol, fa moda, è trendy, e così via...
In assenza di motivazioni più serie, mi sento autorizzato a dire che la scelta e l'acquisto consapevole di macchine nere è sintomo di scarsa intelligenza. L'ho detto, ormai è definitivamente detto! :-D

mercoledì 29 luglio 2009

NUOVI SCENARI NELL'ATTUALITA' POLITICA

Recentemente commentavo su un altro blog la sortita di Bossi contro la presenza di truppe italiane in Afghanistan e ne riconducevo la logica politica in un controbilanciamento alla pressione di alcuni parlamentari della maggioranza del sud, particolarmente Miccichè e Lombardo sul governo. Dopo che la Lega continua la sua pressione anche proponendo delle norme sulla scuola, il cosiddetto esame di dialetto per gli insegnanti, mi accorgo che mi ero sbagliato.
Questa manovra è ben più organica di quanto mi apparisse anche solo due giorni fa. Mi pare di doverne individuare due aspetti:

1. La Lega ribadisce il suo progetto secessionista, che in qualche misura aveva messo in disparte nella prima parte della legislatura, anche per farsi approvare le modifiche costituzionali in senso federalista con la complicità del PD, sempre in prima fila a sbagliare tutte le sue scelte politiche: l’importante in quel momento era tenersi buoni Cacciari e Chiamparino !!!! Insomma, la Lega punta seriamente a costituire uno stato autonomo del Nord, apertamente razzista, e, visto che mi pare difficile che la UE possa accoglierlo al suo interno dati i suoi fondamenti apertamente autoritari, essa sarebbe persino disposta a stare fuori dalla UE, in una specie di situazione analoga alla Svizzera. Questi aspetti apertamente secessionisti della Lega erano usciti dal dibattito politico, sarebbe il caso di porci una maggiore attenzione. Trovo che il blog di Daniele Sensi (qui) svolga in questo senso un ruolo fondamentale e ne approfitto per esprimergli la mia personale riconoscenza.

2. Qui, in questo gioco Nord – Sud c’è coinvolto fino ai capelli il signor B., ma non nel senso che ne sia il promotore, ma piuttosto egli ne è la vittima principale. Insomma, questi politici, nel senso spregevole che la parola ha assunto, come persone addentro a un circolo ristretto in cui si sanno muovere con la perizia richiesta, salvo considerarla un mondo a sé stante a cui tutti dobbiamo passivamente sottostare tramite il dominio dei mezzi di comunicazione di massa, hanno fiutato puzza di caduta, come si può avvertire il tanfo di una carogna in via di iniziale decomposizione. Il signor B., avendo però le sue note psicopatologie, invece di togliersi dalle rogne come intelligentemente ha fatto per ben due volte Prodi, resiste ad ogni costo. Il risultato mi pare sia non di evitare la propria caduta, ma di proseguire il lento disfacimento, di cui egli non sarà il solo, temo, a pagare le conseguenze. Gli stanno quindi dicendo questi alleati recalcitranti, pagami perché ti tengo ancora in vita, perché non ti ho ancora tolto l’ossigeno. Il punto tragico è che il signor B. farà pagare noi al suo posto. Inizia quindi, e qui io, assieme a molti altri, fui facile profeta, una lunga e pericolosissima fase della politica italiana. Finora in fondo il signor B. ha goduto di un’autorità pressoché assoluta su una maggioranza parlamentare tra l’altro solida, con l’unica esigenza aggiuntiva di tenere buona la Lega di Bossi. Ora la Lega, operando con la consueta abilità tattica, è stata in primissima fila a difendere il signor B., ma comincia a presentare un conto sempre più salato: in altre parole il signor B. è sotto ricatto da parte di una consistente parte della sua maggioranza. Non sono in grado di valutare la forza del cosiddetto partito del sud, ma, ove non si trattasse di un bluff, non saprei più se consapevolmente o inconsapevolmente, sta operando in perfetta sintonia con la Lega. Gli spazi per il signor B. si sono ridotti, e la campagna orchestrata da Repubblica ha ottenuto l’effetto che voleva. Non potevano essere così sprovveduti da credere che uno come il nostro si dimettesse da sé, il signor B. verrà cotto e stracotto, tenuto in vita magari col sondino gastrico, e nel frattempo distruggerà quel poco di democrazia, di rispetto delle regole che era rimasto in questo paese, trascinandoci tutti con sé in questo processo di declino. Qui, ci possono salvare, purtroppo, solo i poteri forti. Bosgnerebbe che Gianni Letta e coloro che egli rappresenta tagliasse il tubo dell’ossigeno, si tratta in ogni caso di coma irreversibile.

lunedì 27 luglio 2009

PRECISAZIONI SULLE IDEOLOGIE

A proposito di un post alquanto provocatorio e dei commenti di Chiara Milanesi e miei che ne sono seguiti (qui), ho sentito la necessità di ribadire alcuni concetti fondamentali che stanno alla base del mio libro, e li riporto qui di seguito in maniera esplicita.

Io rifiuto il principio ideologico liberale, che però anche la sinistra ha fatto suo, secondo cui lo Stato debba fermarsi davanti a tutte le questioni che coinvolgano soltanto due soggetti senza coinvolgere la società nel suo complesso.

Lo rifiuto in base a due considerazioni:

· non credo che esista l'individuo

· se pure esistessero individui, questi, come esseri sociali, si influenzano a vicenda, così tanto che tutta la nostra società è basata proprio su questo presupposto, che questi pretesi individui possano stare assieme, capirsi, in quelche misura tollerarsi, e anche, guarda un po' divertirsi assieme.


Quindi, non esistono fatti che non coinvolgano in ultima istanza l'intera società, e la decisione che lo Stato non intervenga in merito, va fatta volta per volta entrando nel merito della specifica questione, senza basarsi su un meccanismo da applicare automaticamente.

Un secondo punto riguarda il modo in cui io concepisco le ideologie. Partendo dalla constatazione che la società occidentale, contrariamente a quanto professa, è una società estremamente ideologizzata, forse perfino più delle società teocratiche, sostengo l’opinione che qualsiasi ipotesi di modificazione profonda delle nostre società richiede un sistema di pensiero coerente, che consenta di avere una visione alternativa su tutti gli aspetti della realtà che ci circonda, proprio perché se operiamo col senso comune, rimaniamo prigionieri dell’ideologia dominante che trae forza anche dalla propria invisibilità, dal suo occultarsi.

Nello stesso tempo, è a mio parere necessario che qualsiasi ideologia, qualsiasi sistema di pensiero debba confrontarsi con le sue proprie conseguenze, col risultato del tutto positivo che non è la conclusione che trova conferma nel postulato iniziale e nel ragionamento logico sviluppato, ma piuttosto è il contrario, sono le conclusioni che possono promuovere o bocciare il postulato di partenza: solo in queste condizioni un'ideologia può essere accettabile. Quando riaffermo questo aspetto, ho presente le tragedie dell'umanità.

Le religioni monoteistiche, ad esempio, sono un esempio eloquente di ciò che dico. Prendo il Vecchio Testamento, e affermo che è la verità rivelata. In nome di tale pretesa verità rivelata, uccido intere popolazioni. Se questi religiosi si fossero fermati un solo attimo a riflettere su ciò che stavano facendo, non lo avrebbero certo fatto, ma la cecità ideologica li ha portati a queste estreme conseguenze. Per questo, ribadendo la necessità di una coerenza ideologica, affermo che è l'effetto prodotto che può confermare la correttezza di una teoria, anche quando questa formalmente si possa considerare logica. Essere logica e conseguente in sè non afferma nulla sulla sua opportunità: esistono dei valori come la sacralità della vita umana, la protezione per i piccoli della propria specie, che devono essere da tutti condivisi, sennò si finisce in uno stato di mostruosità logica, logica sì, ma mostruosa. Da questo punto di vista, il coraggio non è quello di portare alle estreme conseguenze una certa fede, ma piuttosto quello di ripensarla e confermarla ad ogni istante.

venerdì 24 luglio 2009

occhioclinico: intimidazione a pino masciari

occhioclinico: intimidazione a pino masciari

LA MALATTIA DELLA SINISTRA DOC (TERZA ED ULTIMA PARTE)

L’ultima parte di questa serie di post la vorrei dedicare alle questioni di schieramento. Questa questione diventa molto importante, soprattutto in riferimento alle scelte sulle questioni di rilevanza istituzionale.

Ho ripetutamente richiamato la tendenza che si è andata manifestando nella sinistra, che addirittura una volta veniva significativamente indicata come sinistra extra-parlamentare, a considerare la propria presenza all’interno del Parlamento, non soltanto, come sarebbe stato perfino ovvio, come un aspetto importante della propria politica, ma, possiamo certamente dire, analogamente alle altre formazioni politiche, come lo scopo più importante da perseguire nella propria attività.

Bisognerebbe allora a questo punto interrogarsi su quale possa essere la funzione che si ritiene di volere svolgere all’interno del Parlamento.

Strana nazione davvero l’Italia! Siamo andati avanti per almeno quarantanni con una democrazia bloccata dagli accordi di Yalta. Nella divisione del mondo seguita alla seconda guerra mondiale, l’Italia era collocata sul fronte occidentale, condannata in definitiva ad essere governata da coalizioni costruite attorno alla Democrazia Cristiana. Il PCI, malgrado il suo peso elettorale certo rilevante, era confinato in un eterno ruolo di opposizione. Solo la caduta del mura di Berlino nell’agosto del mitico 1989, che io, per una coincidenza fortunata, ho potuto vedere ad appena un mese dalla caduta del muro (scusate la notazione personale), tutto si è rimesso in moto, senza, paradossalmente, che i partiti italiani si fossero davvero resi conto delle formidabili novità che la nuova scena internazionale creava. Proprio a causa di questa carenza di visione prospettica, nel giro di pochissimi anni le principali formazioni politiche hanno in pratica deciso di autodistruggersi, anche se ognuna con modalità sue proprie.

Sorvolando adesso su ulteriori dettagli, attraverso una serie di eventi in qualche modo incontrollabili, e io credo imprevisti anche da parte di chi detiene il potere reale nella nostra nazione, si sono andati configurando una serie di formazioni politiche inedite, attorno a uno schema bipolare, che andava a sostituire il sistema rigorosamente proporzionale che aveva retto l’Italia per quasi quarant’anni. Questo bipolarismo è una creatura tipicamente italiana, nel senso che rappresenta un succedaneo del bipartitismo esistente in altri paesi. A mio parere, si può essere a favore del sistema proporzionale, oppure a favore del sistema maggioritario, ma, se si opta per quest’ultimo, esso va perseguito fino in fondo, e questo richiede il bipartitismo. Il bipolarismo, tanto caldeggiato dai nostri politici più influenti, sembra piuttosto riassumere tutti gli svantaggi dei due sistemi opposti che vorrebbe, nella mente di taluni, contemperare.

Io dico chiaramente di essere a favore del bipartitismo: un sistema elettorale che preveda un’articolazione del territorio in collegi uninominali. Io, nel mio collegio eleggo una persona, esprimendo in tal modo non soltanto una vaga opzione politica, ma traducendo la mia opzione politica in una persona fisicamente data, su cui esprimo un giudizio di fiducia sulla sua capacità di rappresentarmi. Secondo me, questo rappresenta il massimo di possibilità dell’elettore di espressione della propria volontà nel momento di elezione del parlamento.

L’obiezione che viene sollevata a questa posizione è che in tal modo diventa più larga la fascia di popolazione che non viene rappresentata. Ci sarà inevitabilmente una contrapposizione tra due formazioni più grandi, e le altre formazioni tenderanno a sparire dal parlamento. Questa obiezione è fondata e condivisibile: nessun dubbio che percentuali significative di elettori vedranno le loro opzioni politiche non rappresentate in parlamento. Rimane tuttavia da stabilire se questa evenienza è davvero così negativa e se, soprattutto, esista una via ragionevole che ci permetta di dare maggiore rappresentanza agli elettori. E’ su questo punto che penso le opinioni si dividono. Se vogliamo apprendere qualcosa dalle esperienze sin qui maturate, dobbiamo ammettere che la stessa motivazione che impedisce a gruppi politici di stare assieme nello stesso partito, difatti rende problematica la loro convivenza in una stessa maggioranza. Non solo, la dinamica delle alleanze politiche che si fanno e si disfanno, avviene senza più alcun controllo da parte degli elettori. Per come io giudico la storia parlamentare italiana, in regime di sistema proporzionale puro ma anche in qualche modo modificato, il risultato elettorale non determina il tipo di maggioranza che viene a costituirsi. La legislatura 1996-2001 ha, ad esempio visto al suo interno tre governi differenti succedersi, con maggioranze non coincidenti.

All’interno di uno schema bipolare, sorge inoltre un problema di legittimità formale e anche sostanziale. Già la facoltà prevista di apparentamento è un’ipotesi formalmente azzardata. Si potrebbe dire che le liste apparentate stanno alle liste uniche come i PACS starebbero ai matrimoni: i Pacs non li hanno fatti, ma l’apparentamento sì. Il problema più grosso sorge però quando più partiti condividono un’unica lista, perché qui non si capisce più chi abbia formalmente la rappresentanza di cosa e a nome di chi, per presentare al Viminale le liste così formulate. Sul piano sostanziale, non solo il noto deficit di democrazia dentro i partiti rende la formulazione delle liste un processo in mano a poche persone, ma se addirittura esse sono il frutto di alleanze, ci dovrà essere un’istanza che include responsabili di più partiti che definisca alla fine le liste: capite come il semplice iscritto sia del tutto espropriato di potere decisionale.

Come dicevo, le formazioni di sinistra mostrano un’enorme attenzione verso i momenti elettorali: Tanta è l’importanza a ciò dedicata, che ogni loro scelta è influenzata da l’esigenza, considerata prioritaria di stare in parlamento. Così, ad esempio, è stato per il referendum: si prendeva a pretesto la questione dello strapotere che il signor B. ne avrebbe potuto conseguire quando questo punto era ininfluente, tanto che lo stesso signor B. ha reputato un successo del referendum un frutto avvelenato a causa degli ovvii problemi che gli avrebbe creato nei rapporti con la Lega. Il motivo reale era un altro: se, sempre all’interno di uno schema bipolare, dato sostanzialmente per scontato, il premio di maggioranza dev’essere beccato da un unico partito, questo determinerebbe il rifiuto del PD ad apparentare altre liste alla propria, avendo la certezza che nessun aiuto darebbe tale apparentamento nel raggiungere il premio di maggioranza.

Dando per scontate le considerazioni che precedono, rimane il problema principale: cosa cambia per il popolo italiano e per i milatanti di sinistra stare o non stare in parlamento? A mio parere personale, quasi nulla. Difatti, dando per scontata una presenza largamente minoritaria, la presenza in parlamento si può tradurre o in una presenza simbolica, in caso di opposizione, oppure, se si reputa di partecipare a una maggioranza di governo, si inaugura una nuova stagione di polemiche giornaliere, di frustrazioni rispetto anche a istanze pienamente giustificate, di tranelli parlamentari da parte del venduto di turno, senza sostanzialmente portare a casa nulla di significativo.

Non posso chiudere questo post senza considerare quale possa essere l’alternativa. Per me, l’alternativa è condurre una battaglia seria per introdurre nel nostro sistema istituzionale delle forme di democrazia diretta. Qui, insomma, c’è da affermare un punto fondamentale, che consisterebbe nel fatto che ciascuno di noi ha diritto a svolgere un proprio ruolo politico, indipendentemente dallo stare dentro il parlamento. Da semplice cittadino mi si dovrebbe dare la possibilità di scegliere tra un mio impegno in un partito, che andrebbe tra l’altro regolamentato in alcuni suoi decisivi aspetti, e che è rappresentato in parlamento, e un impegno al di fuori di questa cerchia ristretta di formazioni politiche. Insomma, non posso essere cancellato come soggetto politico, solo perché non trvo affinità con quanto è rappresentato in parlamento.

martedì 21 luglio 2009

SULL'ASTENSIONE DALLO SCIOPERO

A distanza di qualche giorno, posso tornare sulla questione dello sciopero dei bloggers, spero senza sollevare polemiche eccessive, come invece ho dovuto mio malgrado constatare in occasione del primo post che ho dedicato a questo argomento.

Mi riferirò in questo caso a coloro che non hanno aderito, o almeno non secondo lo standard previsto. Prima però, permettetemi di dedicare solo poche parole agli altri, cioè a quelli che hanno aderito con tutti i crismi.

La teoria che alcuni di loro hanno enunciato è che i distinguo che venivano sollevati dai vari blogs sarebbero stati la causa degli esiti stessi della lotta tra la destra del signor B. e delle Lega, e la sinistra. Del resto, questa volontà presunta di distinguersi, rifletteva il comportamento tipico delle formazioni politiche di sinistra.

Proprio a proposito di queste osservazioni, desidero sollevare due questioni.

La prima è la concezione stessa che taluni bloggers hanno del loro ruolo. Credo che, anche attraverso i social networks, si generino delle complicità e delle gerarchie, generando un microcosmo che finisce per alcuni per sostituire, almeno in parte, il mondo reale, facendo perdere la giusta dimensione delle cose. La tendenza spontanea ad assumere il ruolo di leader o al peggio di sottoleader, finisce per oscurare gli scopi stessi delle iniziative che si vogliono intraprendere.

La seconda riguarda questa questione della divisione, come causa dei mali della sinistra. Per me invece, la divisione sorge come effetto di una carenza di dibattito: si crea uno stendardo, che raccoglie alcune persone, e che diventa come un marchio, in un certo senso, un marchio di qualità, come la denominazione DOC. A quel punto, sembra abbastanza ovvio, il confronto è già bello e finito.

La cosa comunque che mi lascia più perplesso, è quella di coloro che hanno sentito il bisogno di dichiarare di non essere in sciopero. Tra questi, qualcuno potrebbe mettere anche me, e forse chissà, magari avrei fatto meglio ad astenermi dal postarci su, ma in realtà io ho curato che non si trattasse dello stesso giorno, e l’ho considerato come un importante momento di dibattito, e dopo, il giorno incriminato, considerato che nessuno avrebbe più avuto il tempo di cambiare opinione, non ho più aggiunto nulla a proposito. Trovo strano che lo stesso giorno dello sciopero ci sia qualcuno che lo proclama sul proprio blog, e fin qui, mi pare abbastanza logico manifestare chiaramente la propria adesione, ma altri che sentono l’esigenza di dichiarare il contrario: perché mai preoccuparsi di fare questa dichiarazione esplicita di non adesione? Sarebbe ragionevole per i sostenitori del governo, per chi vuole che il DDL Alfano vada avanti senza ostacoli. Qui, invece, si tratta piuttosto di bloggers accesi oppositori di ogni controllo in rete, che hanno magari anche postato contro, ma che hanno molto tenuto a prendere le distanze dallo sciopero, motivandolo in vario modo, ma sostanzialmente per molti di essi per motivi metodologici, come un mezzo inappropriato e altro. Mi chiedo: non sarebbe bastato non farlo lo sciopero, era veramente così straordinariamente importante dichiararlo, la maggior parte delle volte direttamente nel titolo, a volte addirittura solo nel titolo?

lunedì 20 luglio 2009

PANDEMIA?

Questa questione del virus ex-suino, che non sappiamo più neanche come chiamare, sta diventando sempre più inquietante. A quanto pare, i cosiddetti esperti si stanno arrampicando sugli specchi per tentare di comprendere cosa sta accedendo. In pratica, ormai da parecchi mesi, ci danno un certo tipo di informazione, che viene puntualmente smentita dopo poco tempo. Da profano, direi che gli esperti ne sanno quanto me, cioè nulla. C’è però un grande affanno verso questa faccenda, governi che hanno o stanno per deliberare di investire roba come miliardi di euro, mica bazzecole, per produrre dei farmaci atti a contrastare la malattia. Che farmaci? Anche su questo, buio pressoché assoluto. Dicevano che si trattasse di vaccini, ma pare che non sia così, visto che dovrebbero essere somministrati a malattia già conclamata. La confusione è tanta che il sottosegretario con delega alla sanità Fazio ha sparato la sua cavolata sull’eventuale rinvio dell’apertura delle scuole, ed è stato subito smentito da altri componenti del governo. Va bene smentirlo se dice cavolate, ma si può tentare di capire perché Fazio l’ha sparata così grossa? Non può essersi svegliato e avere diramato la sua dichiarazione senza una motivazione. Sarebbe ovvio arguire che abbia avuto un’imbeccata. A questo punto, bisognerebbe sapere chi l’ha data quest’imbeccata a Fazio.

Diciamocela chiara: qui, si giocano interessi economici enormi, stiamo appunto parlando di un investimento complessivo nei soli paesi occidentali su cifre complessive di svariate decine di miliardi di euro. La cosa alle ditte farmaceutiche sta scappando di mano, e queste si danno da fare per riacchiapparla all’ultimo minuto, non rinunceranno così facilmente a una torta così grossa! La cosa gli sta scappando di mano perché, purtroppo per loro, questa influenza non è così pericolosa, così letale, come si pensava inizialmente. Sembrerebbe, alla fine, virulenta come una qualsiasi altra influenza. Qualche morto ci sarà, ma non l’ecatombe che si temeva. Visto che non è particolarmente letale, ecco questi signori affrettarsi a parlare di pandemia, che poi vorrebbe dire che la malattia colpirà praticamente tutta la popolazione, tranne i soliti fortunati, s’intende.

Come capite, qui sembrerebbe assurdo distrarre investimenti formidabili dai settori produttivi per rivolgerli al settore sanitario, soprattutto con la crisi mondiale imperante. Ma, c’è un ma, si tratta del settore della salute, e la naturale tendenza dell’essere umano a sopravvivere il più a lungo possibile, permette di fare nel settore della salute delle autentiche porcate che altrove, malgrado il crescente malcostume imperante, non sarebbe comunque consentito. Se riesci ad installare la paura nella gente, quella farà la rivoluzione pur di avere assicurato un mezzo che possa in qualche misura contrastare la fonte della paura!

Altri, prima di me e meglio di me, hanno postato su questi argomenti. Mi pare che la conclusione sia: in assenza di risposte chiare e convincenti, niente vaccino, niente farmaci, niente soldi ai soliti noti. Abbiamo già visto le cavolate sparate a proposito dell’aviaria ed anche del cosiddetto “morbo della mucca pazza”. Se un giorno, ci fosse un governante che, smettendo di vedere come coccolare i suoi elettori, volesse fare una statistica seria dei casi di morte, e intervenire sulle cause più frequenti, sarebbe davvero una svolta clamorosa. Ma si sa, elettori da una parte, interessi economici inconfessabili dall’altra, non ci può essere alcuno spazio per decisioni sagge e ponderate.

venerdì 17 luglio 2009

LA MALATTIA DELLA SINISTRA DOC (SECONDA PARTE)

Veniamo dunque a guardare con maggiore dettaglio l’aspetto più propriamente politico nelle recenti vicissitudini di questa parte dello schieramento politico.

Mi soffermerei distintamente su due aspetti, il primo il problema del programma, il secondo il problema della concezione del proprio ruolo, quindi della propria collocazione.

Per quanto riguarda il programma, mi pare che l’attenzione principale sia stata rivolta alle questioni economiche, in questo non differenziandosi dagli altri partiti. Tutti, apparentemente senza eccezioni, sono convinti che la politica economica stia al centro della politica, che questi siano i punti decisivi. Secondo me, questa stessa visione economicista finisce per mortificare la politica che non riesce ad occupare essa il centro del dibattito sociale, rimanendo in fondo al traino delle questioni economiche. Per colmo, in un’economia globalizzata, la politica economica la fa la nazione egemone,e quindi è doppiamente sbagliato affidare tutto all’economia, avendo come effetto collaterale lìesaltazione della dipendenza dagli USA. Tanto l’economia ha soppiantato la politica nelle formazioni di sinistra, che la stessa prospettiva del tipo di sistema politico a cui si aspira non è oggetto di dibattito. Non avendo sfrontato deliberatamente la scelta di stare nel sistema democratico-parlamentare o di volere un sistema socialista, o la famosa terza via di cui si è per decenni fantasticato (nel PCI, in verità), le stesse questioni vanno a scaricarsi sul terreno più propriamente economico, ondeggiando tra un pansindacalismo, oggi certo non più possibile, e un rialzare le rivendicazioni in una visione sostanzialmente alternativista, del tipo “peggio per il capitalismo, se non regge queste richieste”.

Gli altri aspetti che hanno attirato l’attenzione della sinistra sono quelle relative alle questioni delle libertà civili e del costume in generale. Qui, la sinistra non è stata in grado di imporre una propria egemonia, subendo di fatto le iniziative di altre formazioni politiche, in primis i radicali, ma in una certa misura perfino quelle promosse dall’ex-DS. Non solo la sinistra ha accettato i tempi e il terreno di confronto di altre formazioni politiche, ma non ha mai riflettuto davvero su questioni di enorme rilevanza, a partire, ad esempio, dalle questioni di bioetica, accettando in fondo di privilegiare sempre la libera scelta.

A proposito della triste vicenda di Eluana, ebbi a scrivere proprio su questo blog (qui, qui e qui) come la sinistra in Italia si ostina su queste questioni al più classico dei comportamenti di tipo liberale: che ognuno scelga liberamente come comportarsi, visto che le sue scelte non coinvolgono gli altri. Questo è un punto, tipico della società aperta di Popper che mi trova totalmente in disaccordo. In verità, non c’è nulla che non coinvolga infine tutti quanti. Pensare di potere tirare una linea immaginaria tale da lasciare da un parte atti che coinvolgono solo il soggetto che assume la decisione, e dall’altra quelle che coinvolgono anche gli altri, è un’ipotesi del tutto insensata.

Nel caso specifico di Eluana, dicevo che bisognava entrare nel merito della questione , affermando che era stata l’introduzione del sondino, inteso come mezzo tecnologico, che aveva creato una situazione in fondo inumana (sarei tentato di dire mostruosa) e la rimozione del sondino avrebbe riportato la situazione in termini naturali.

Questo mio argomentare nel merito delle questioni, in questo caso di bioetica, invece di rifarsi a un principio politico generale, valido per tutta le stagioni, mi sembrerebbe molto più appropriato per delle formazioni politiche che sono così aliene dai principi del liberalismo, che invece ripetutamente invocano in tanti contesti!

Qualcuno potrebbe essere tentato di definire questa, una sinistra liberale, anche se essa vorrebbe essere definita libertaria, ma il confine tra liberale e libertaria è ben più sottile di quanto non appaia a tanti. (continua).

POVERO SUD

Sentivo nella rassegna stampa di stamane su radiotre che non so bene quale giornalista de “Il Giornale” ha scritto che dobbiamo smetterla di piangere su questa migrazione interna, prevalentemente di laureati più qualificati, dal Sud verso il Nord. Nelle parole del giornalista questo è segno di una sana mobilità, di una capacità che le persone hanno di cercarsi un futuro migliore lì dove possono trovarlo.

Tesi del tutto stravagante. Infatti, la preoccupazione che taluni hanno manifestato, non è rivolta ai giovani che migrano, dal loro punto di vista sembra una scelta azzeccata: cercano un lavoro lì dove lo possono trovare.

L’errore del giornalista (ma forse dire errore per “Il Giornale” non sembra molto appropriato…) sta nel fatto che chi desta preoccupazione è il Sud, regione a cui, tra i mille problemi che hanno, se ne aggiunge uno ulteriore: deprivazione della sua parte migliore. Insomma, un processo apparentemente inarrestabile di degrado di una regione del mondo che ancora pretendiamo chiamare Italia e pretendiamo considerare parte dell’Europa.

In queste terre, ci vivo e, data l’età, c’ho vissuto abbastanza a lungo dal potere riconoscere questo processo di degrado, che peraltro osservo anche al Nord, dove cresce questa mentalità sempre più razzista. Tornando al Sud, sarebbe errato credere che qui non cambi mai niente, come pure suggerirebbe la mentalità “gattopardesca” che ci attribuiamo e che ci viene attribuita. Ho vissuto l’atmosfera libertaria della fine degli anni sessanta, e vi assicuro che anche qui, nel profondo sud, si è avvertita. L’ho avvertita nuovamente durante il periodo di “mani pulite”, nei primi anni novanta. Da allora, un rapido peggioramento: sempre più poveri, sempre meno civili. La globalizzazione a questo serve, a salvare qualche sparuto membro di questa popolazione, a ricordargli come il mondo non si fermi ad Eboli: buon per loro. Diceva lo stesso giornalista che chi nasce al sud, non lo dimentica. Questo è certo vero, torneranno a trascorrere le vacanze. Ma il mondo produttivo, il mondo culturale di questa martoriata regione, come finirà? Scivolerà più o meno velocemente verso l’Africa dirimpettaia? Possibile che non esista politico, potere di qualsiasi tipo esso sia, che si interessi minimamente a fare qualcosa? Possibile che in questa stessa società meridionale non esistano anticorpi, energie per un colpo di reni? La speranza, questa è la vittima più importante che è stata fatta, defunta ogni speranza di riscatto, e trionfo della logica del tirare a campare.

giovedì 16 luglio 2009

NON DIMENTICHIAMO L'HONDURAS

Un post breve, ma sentito. Tra tutte le schifezze che contraddistinguono tutto il settore dell’informazione, c’è anche il provincialismo: non sarà il più grave dei difetti, ma stiamo sempre a parlare di come il nostro vicino sporca il cortile condominiale, addirittura c’è chi scrive anche di Mastella, ma si può?

E intanto nel mondo, avvengono drammi che coinvolgono interi popoli, morti collettive, gli eventi più luttuosi e gravi che si possano registrare. La reazione tipica della stampa nazionale è quella di dedicare un po’ di spazio per qualche giorno, e poi passaggio in pagine interne, e infine silenzio: come dire, la novità è quella che fa notizia, la gravità e l’importanza effettiva di ciò che avviene non conta nulla.

Questo mi ha spinto a postare sull’Honduras, per ricordare che quel popolo continua a dover subire un intervento dei militari in un’America che si sperava avesse superato simili atti, sia per il prevalere di governi di sinistra in tanti paesi dell’America latina, sia per la nuova era Obama negli USA. Eppure, è avvenuto, e io penso che dobbiamo seguire con attenzione quegli eventi: anche il semplice porre la nostra attenzione su quanto vorrebbe invece avvenire nell’ombra sia già un gesto politico, seppure con tutti i suoi ovvii limiti di efficacia.

martedì 14 luglio 2009

TREGUA E DOPOTREGUA

Decisamente, non se ne può più! Prima la tregua per il G8, e poi, a G8 concluso, un migliore rapporto governo – opposizione, e tutti i politicanti a dire sì, facendo finta di avere capito, quando sarebbe semmai opportuno fare finta di non aver capito!

Qui, Presidente, e politicanti vari c’è in gioco la sorte di un signore che dal ’93 inquina la nostra vita politica, che non perde occasione di proporre ed imporre a un Parlamento imbelle, perché imbelle non può che essere essendo stato nominato, provvedimenti di legge che segneranno il futuro di questo paese.

La logica di questo governo è quella emergenziale, sia un’emergenza personale del premier, sia un’emergenza effettiva del paese o di una sua parte, e il risultato non può che essere quello di ritrovarci, dopo aver magari tamponato qualche falla più vistosa oggi, con tutte le conseguenze nefaste in un futuro prossimo. Del resto, lo stesso DDL Alfano, che tutti noi contestiamo oggi, seppure con modalità differenti, è uno degli esempi di questo andazzo. Quale rilevanza mai potrà avere una mia rettifica, da suggerire che la legge imponga un termine così ravvicinato (48 ore) per l’esecuzione? Pensate che ulteriore ingorgo delle aule giudiziarie si potrà avere, quando i bloggers contesteranno la multa prevista per il mancato rispetto dei tempi previsti! Io non capisco davvero se sia maggiore la protervia politica di imporre un bavaglio all’informazione o la sprovvedutezza che non permette di prevedere tutte le conseguenze implicite in un provvedimento di legge! Il prevedere una sanzione per chi tossisce in un luogo pubblico potrebbe essere un altro provvedimento di legge da suggerire a questi signori: povera davvero la nostra Italia!

Questo signore, che ha messo su un impero economico in maniera incomprensibile, e che mai ha voluto chiarire la fonte effettiva delle sue fortune, facendo credere che si tratti (sic!) di pura e semplice abilità imprenditoriale, è l’uomo delle smentite, nulla gli si confà di più che le smentite continue che hanno caratterizzato senza soluzione di continuità tutta questa parte della legislatura.

Cos’è poi una smentita? Una smentita è composta di due parti (ovviamente, se non c’è la smentita della smentita: in questo caso, le parti sarebbero tre…): la prima parte è la dichiarazione, che volontariamente è sopra le righe, un ballon d’essai, direbbero i francesi (pazientate se l’ortografia non è corretta, col francese ci bisticcio…). La logica è: intanto, io la sparo, vediamo un po’ che effetto che fa, forse se la bevono tranquillamente, forse per bersela, si devono turare il naso, ma comunque va giù, e se poi non se la bevono, dirò che mi hanno frainteso. Ecco, la prima fase della tattica della smentita sistematica include già una possibile seconda parte, si va a tentativi e si valuta tutto proprio sulla base di tali tentativi.

Ci sarebbe un ma, che le tecnologia di cui ampiamente disponiamo possono facilmente riprodurre le esatte parole pronunciate dall’interessato, e potrebbero così rendere vana qualsiasi smentita. Diciamo che un pubblico dotato di cervello si renderebbe subito conto dell’inconsistenza della smentita, in quanto invoca una colpa dell’incomprensione da parte di chi ascolta del tutto inconsistente.

La cosa che lascia trasecolati è che la gente, tantissima gente, se la beve la smentita , se la beve alla grande, e questo dimostra come i teoremi matematici e soltanto loro possono fare, che i cervelli sono già da tempo all’ammasso, che nella nostra società un pensiero anche solo fuggevolmente critico non solo non è necessario, ma è addirittura assolutamente superfluo e forse perfino dannoso.

Ebbene, in questa Italia deprivata di materia grigia, scoppiano uno dietro l’altro una serie di scandali che coinvolgono il premier. Non siamo certo bimbi ingenui, qui Travaglio, con tutta la sua abilità, non ce la fa bere (ma perché poi tutti vogliono che beviamo tanto? Sarà che la disidratazione estiva richiede di assumere tanti liquidi?): di casuale qui non c’è nulla. E allora, cosa cambia il fatto che qualcuno, evidentemente d’importante, sia interessato ad indagare sui vizi privati di un personaggio pubblico? Ciò li rende forse meno gravi o meno importanti?

Qui, caro Presidente Napoletano (caro solo come orpello retorico), vengono a galla degli strani comportamenti del premier. Malgrado io rifugga dal giudicare i comportamenti altrui nella loro sfera sessuale, mi dica lei Presidente se non è giusto indagare, ed evidentemente oltre che da parte degli organi giudiziari a ciò preposti, , da parte della stampa e dei singoli cittadini, come mi pare sia prassi in un paese che si pretende democratico. Indagare sapendo che questo signore invita decine di fanciulle, alcune minorenni tra l’altro, per trascorrere con altri ospiti le vacanze di fine anno in una delle sue tante ville. Qui, l’avesse fatto un qualsiasi altro cittadino, c’è odore di reato, da verificare, ma insomma abbiamo foto più che eloquenti, su i cui dettagli, per buon gusto, eviterò di soffermarmi.

Ma soprattutto, Presidente, c’è una strana reazione del signor B., che nega, rettifica, ridimensiona, e alla fine, quando è evidente che ha spudoratamente mentito agli Italiani, a quegli stessi che col loro voto, gli hanno consentito di sedere dove siede, rifiuta di dare spiegazioni, come un giocatore di poker che, vedendo che sta perdendo inesorabilmente, butti il mazzo di carte all’aria.

Lei, Presidente, in questa situazione, cosa fa? Invece di chiedere spiegazioni pubbliche al premier, chiede che si taccia su questi aspetti, perché sono pettegolezzo. Ora, penso anch’io che ci siano anche evidenti elementi di pettegolezzo, ma il punto non mi sembra più questo. Il punto, Presidente, è che molti di noi nutrono dubbi consistenti di essere governati da un mentitore professionista e forse anche da una persona che ha gravi elementi di psicopatologia. Questa non è robetta, non è pettegolezzo, e chiedere prima una tregua e poi un non meglio definito clima civile significa di fatto concedere una sponda al premier per uscire dall’angolo in cui egli stesso si è collocato con una tattica reticente e dare quindi un colpo di spugna a comportamenti privati, non solo moralmente discutibili, ma potenzialmente di interesse del codice penale.

Chi ci assicura adesso che il nostro premier domani magari, vedendo di potere uscire indenne anchedalle situazioni più scabrose in cui si è cacciato non decida di orinare nella fontana del Bernini in piazza Navona? Chi domani potrà porre un freno a un individuo che, sulla base del successo che sperimenta, della accondiscendenza che tanta parte della classe dirigente gli manifesta, è arrivato alla convinzione di essere onnipotente nella completam indifferenza di elettori che hanno mandato il loro cervello all’ammasso?

Queste sono responsabilità storiche che Lei, nel suo alto ruolo, dovrebbe avere presenti: certo, qualcuno di noi ce le ha ben presenti e non le scorderà così facilmente, su questo, Presidente, ci conti.

lunedì 13 luglio 2009

CONTRO IL DECRETO ALFANO

Manifesto in questo mio post il totale dissenso rispetto al contenuto del cosiddetto “decreto Alfano”, soprattutto per quanto attiene ai nuovi obblighi che esso imporrebbe ai bloggers. Com’è stato ampiamente già argomentato in rete, un obbligo di rettifica che preveda un limite di 48 ore per l’esecuzione, non si può rispettare, visto che chi tiene un blog, lo cura da solo, e può assentarsi da esso per vacanza, per malattia, o anche solo per stanchezza o per il semplice piacere di prendersi una pausa.

Il governo del signor B., ancora una volta, tenta di far approvare provvedimenti punitivi contro l’informazione e contro l’espressione libera delle opinioni, manifestando inoltre una inadeguatezza anche dal punto di vista strettamente tecnico.

SULLO SCIOPERO DI DOMANI

Ho taciuto in proposito fino ad oggi, ma adesso devo uscire necessariamente dalla riservatezza che mi ero imposto. Mi riferisco alla questione dello sciopero indotto da taluni per domani 14 luglio.

Io sono tra coloro che si sono pronunciatI contro, e voglio argomentare perché.

Citerei due ragioni:

- contarsi, per quanto mi riguarda, non ha alcun senso, perché individuo il mio agire da blogger come omogeneo al giornalismo: se volete, come un giornalista mancato. Cosa intendo esattamente dire? Intendo dire che tento di affrontare i temi che la realtà ci pone, a volte con un’ottica più da lontano, a volte più appresso all’attualità. Offro al web “le mie cavolate”, e forse a qualcuno ciò che scrivo può risultare di qualche utilità. Questo tipo di attività potrebbe al più essere valutata sulla base degli accessi al sito, della eco che possono avere su altri organi di informazione, ma non capisco cosa dica in sé il fatto che io faccia squadra con altri. Scioperare domani, lo potrei ancora fare, ma come si sostanzia questo sciopero in un’attività per sua natura volontaria, che non ha caratteristiche di sistematicità, anzi tipicamente saltuaria?

- quando ci si conta, ci si fa anche contare, e siamo davvero sicuri che questo conto sia favorevole? Se ad esempio calcolassero la percentuale di adesioni rispetto al totale dei bloggers italiani, e risultasse una percentuale minore del 10%, riterreste questo un risultato positivo, in linea con quello che volevamo ottenere? Io no, e pertanto non vedete il logo dell’adesione nel mio blog.


Ora, aspetto i vostri strali :-D

domenica 12 luglio 2009

LE PREOCCUPAZIONI MIE E DI TONINO

Nelle precedenti settimane, ho ripetutamente espresso l’opinione che, anche se con tempi non quantificabili oggi, il signor B. avesse intrapreso una ormai inarrestabile discesa della sua carriera politica, e il suo governo aveva i mesi contati.

Oggi, con grande rammarico, pur non avendo ancora cambiato opinione, confesso che comincio a nutrire qualche timore a proposito. Tra tutti i segnali che valuto preoccupanti, uno mi ha più colpito, ed è la campagna di stampa a livello internazionale che Di Pietro sta lanciando in questi giorni. Valuto queste sue iniziative come se anch’egli, da un posto di osservazione ben più privilegiato del mio, nutrisse severe preoccupazioni sulla caduta del signor B., e tentasse di scavargli il terreno attorno agendo proprio su una leva che si è mostrata finora favorevole in questa direzione, proprio la stampa estera.

Tonino ha il fiuto fino: se proprio in questi giorni si sta spendendo tanto in questa direzione, anche finanziariamente comprando un’intera pagina mi pare dell’Herald Tribune, non lo sta facendo senza motivazioni adeguate.

Così, la mia personale preoccupazione trova un rinforzo in quella che colgo come un’analoga preoccupazione del principale avversario del signor B. .

Purtroppo, non posso che restare a guardare, sperando che certi fattori recentissimi falliscano nel prevalere su un processo che sembrava essersi messo in moto in maniera inarrestabile: dovesse arrestarsi, l’ipotesi dell’espatrio potrebbe prendere davvero piede!

venerdì 10 luglio 2009

LA MALATTIA DELLA SINISTRA DOC (PRIMA PARTE)

Di quale malattia soffre la sinistra, quella vera? Mica un partito centrista come il PD o un partito personale e pedissequamente legalitario come l’IDV: insomma l’area di quelli che ci tengono a essere definiti di sinistra, e che trovano offensivo non essere di sinistra.

Sì, oggi parlo di loro. Uso la terza persona, non soltanto per artificio retorico, ma anche perché, come ho già postato qui e qui, ritengo i termini sinistra e destra un po’ obsoleti, e l’attualità politica mi pare mostri chiaramente che possano causare un’ambiguità che taluni possono sfruttare a proprio vantaggio.

Dicevo già da qualche parte che la sinistra non sa fare i conti col proprio passato.

Io vorrei appunto tornare indietro di qualche anno, e in particolare al 2006. Anno di elezioni politiche, in cui, finito il quinquennio del secondo governo Berlusconi, viene rilanciato il centro sinistra attorno a un ritrovato e riaffermato progetto dell’Ulivo, col ritorno a furor di popolo di Prodi, dopo il brutto sgambetto ricevuto nel 1998, tramite cui egli era stato sostituito da D’Alema alla guida di un governo di centro-sinistra.

Ricordiamocelo quest’anno: 2006. Fu la volta in cui la sinistra, principalmente nella formazione politica di “Rifondazione Comunista” ricevette il suo massimo di consensi. Apparentemente, la scelta di prefigurare un’alleanza organica con l’Ulivo per costituire una maggioranza di centro-sinistra funzionò: tanti elettori furono indotti ad appoggiare la forza più intransigente all’interno di tale alleanza per spostarne a sinistra l’asse politico.

Logica vorrebbe quindi che il clamoroso insuccesso del 2008 sia stato causato da quello che tali formazioni fecero nel biennio di governo. In verità, c’è qualcosa che cambiò dal 2006, e fu la costituzione della inedita lista Arcobaleno, che raggruppava formazioni fin allora divise, e quindi taluni potrebbero essere portati a credere che sia stata questa scelta unitaria a causare l’insuccesso elettorale. Un ulteriore spiegazione potrebbe essere proposta: quella di Veltroni di chiudere ad altre formazioni politiche, con l’unica eccezione dell’IDV e dei radicali, imbarcati nella stessa lista. Per l’IDV in particolare, la dinamica subitanea dell’alleanza non trova tuttora una spiegazione convincente.

Così, almeno queste tre ipotesi possono essere formulate, ma io rimango dell’opinione che si la politica che la sinistra praticava dentro il governo ad influenzare prevalentemente il risultato elettorale dell’anno passato, così disastroso per quest’area.

L’ipotesi che tutto si debba addebitare alla politica con cui Veltroni ha voluto caratterizzare l’appena nata formazione politica del PD non mi convince, perché allora ciò può solo significare che le sorti della sinistra sono eterodirette, sempre vittima degli altri: è evidente che ogni formazione politica conduca il proprio gioco, e gli altri partiti devono avere armi per sapere difendersi. Semmai, Veltroni deve essere criticato perché il PD è stato vittima del suo stesso gioco!

Infine, perché il lancio di una lista unitaria potrebbe essere risultato dannoso alla sinistra? C’è in realtà un motivo, ed è il modo: tutti intruppati in un’unica lista, ma nei fatti mai così divisi e pronti a scatenare una bagarre interna al primo stormir di foglie! Quindi, riassumendo, questo fattore ha sicuramente giocato, ma non nel modo in cui vedo che viene presentato da molti, e non come causa principale: per me, la partita principale la sinistra se l’era già giocata ben prima delle elezioni, apparendo a molti, anche aldilà dell’effettiva realtà, come la protagonista della caduta del secondo governo Prodi. (continua…)

martedì 7 luglio 2009

CIVATI, CHI ERA COSTUI?

Ma chi è Pippo Civati? Nel post precedente, più di un commento citava Civati come una candidatura di qualità per il PD, ed io, che non mi sentivo adeguatamente preparato sull’argomento, sono corso ad informarmi. Papà Google mi ha subito fornito il sito del suo blog, e mi ci sono precipitato. Se siete curiosi, andate un po’ a spulciarlo, tanto i post si fa presto a leggerli, laconici fino all’estremo! Se mi permettete la digressione, in compenso, tanti commenti, a proposito dei quali, osservavo, ma è una caratteristica condivisa nei blogs più frequentati, la tendenza a trasformare il postare commenti ad intervenire in chat. Quando io intervengo su un altro blog, tento in qualche modo di dare una sua pur approssimativa compiutezza a ciò che scrivo, e in genere i commenti che ricevo sul mio blog condividono questo stile. In questi altri blog che, per la loro numerosa frequentazione potrei chiamare blog-vetrina, c’è invece lo spirito della battuta estemporanea, della conversazione, direi perfino della chiacchierata, stile chat appunto. E come in ogni chat che si rispetti, conta non il contenuto di ciò che dici, ma come lo dici, come aspetto quindi prevalentemente psicologico.

Tornando all’argomento principale, vorrei adesso capire come il suddetto Civati pensa di farsi conoscere postando come va facendo. Niente, non occorre farsi conoscere nel blog, la gente ti conosce già da prima, e chi non ti conoscesse, beh, peggio per lui: altra spiegazione non mi so dare.

Mi pare a pelle, anche avendolo visto alla trasmissione TV di Gad Lerner “L’infedele”, di poter dire che Civati ha in pieno lo stile PD, cortese, misurato, mai al di sopra delle righe, ma non è mai possibile sapere cosa hanno in testa, il che include se hanno qualcosa, perché se non vedi qual è il contenuto, puoi pensare che non ce ne sia! E naturalmente, nulla deve trapelare sulle motivazioni politiche dei propri atti, che assumono per questi, un aspetto discrezionale.

Nella fattispecie, sembrerebbe, ma il Pippo si guarda bene dall’esplicitarlo chiaramente, che egli appoggi la candidatura di Marino. Ebbene, questa cosa è davvero difficile da capire.

Prima ipotesi, la candidatura Marino è una candidatura seria, cioè assunta dall’interessato autonomamente e in opposizione quindi a quelle già dichiarate di Bersani e Franceschini. In questo scenario, a molti dei suoi commentatori, e io mi potrei unire a loro, pare che Civati avrebbe dovuto presentarsi in prima persona. Quale sarebbe il vantaggio di stare in seconda fila? Sottoipotesi 1.1, che è anche la più probabile: Marino perde, e magari perde anche male. Che c’avrebbe guadagnato Civati? La sua opposizione all’establishment del partito si è consumata, e risulta uno sconfitto: gliela faranno pagare di certo, e la sua fama, la freschezza della sua fama si sarà consumata senza che abbia avuto la possibilità di impostare la battaglia elettorale secondo le sua personali scelte.

Sottoipotesi 1.2: Marino vince. Bene, anche in questo caso, non è che ne trarrà grandi vantaggi, rimarrà sempre all’ombra di marino, che guadagnerà di certo il centro del palcoscenico: se vincesse, Marino sicuramente dimostrerebbe una tenacia, che lo porterebbe a non lasciare il proscenio tanto presto e tanto facilmente. La vittoria di un outsider come Marino implicherebbe che nell’area del PD la rivolta verso i soliti noti dirigenti sia molto diffusa: non sarebbe stato allora preferibile candidarsi in prima persona? In questa prima ipotesi, riassumendo, Civati si sarebbe assunto tutti i rischi, senza potere godere appieno dell’eventuale successo.

La seconda ipotesi è che la candidatura Marino sia una candidatura civetta, decisa cioè a tavolino da uno dei due altri candidati, probabilmente da baffino in persona, che è quello che ha promosso la figura di Marino dentro il PD, soltanto con lo scopo tattico di danneggiare la candidatura di Franceschini. In verità, una volta entrati nel meandro delle ipotesi tattiche, se ne potrebbero formulare delle altre, quali ad esempio che sia l’appoggio di Civati a Marino la mossa tattica. Se questa della falsa candidatura fosse quella corretta, allora sì che Civati potrebbe trarne un vantaggio, ma si capisce che entrare nei dettagli di simili mosse machiavelliche non mi è possibile, e neanche in fondo mi interessa. L’unica cosa che mi interessa è che questo qualificherebbe la figura politica di Civati in un senso certo dal mio punto di vista niente affatto positivo.

Alla fine del post, vorrei ripetere l’invito che formulai in un commento al precedente mio post: chi è Civati, e perché tanti lo considerano un ottimo candidato, quali atti politici ha compiuto che ne abbiano diffuso la fama?

domenica 5 luglio 2009

CANDIDATURE PD TRA TRAGEDIA E FARSA

Che brutto svegliarsi stamane iscritto o elettore del PD! Che brutto anche per chi, come me, pur collocato diversamente, ha creduto che questo giovane avvocato potesse fornire elementi di vera novità all’interno del PD!

Siamo al dunque, si precisano le posizioni,e ci troviamo già con tre candidature tutte e tre assolutamente indigeribili. La prima, almeno per la cronologia nella presentazione, è quella di Bersani, il vecchio del DS, promosso oggi a vecchio del PD: povero Bersani, davvero il vecchio, e con che alleanze, niente meno che baffino D’Alema, il suo vero grande elettore.

Certo Bersani è il vecchio, fortuna che ci sta il Franceschini, lui sì il vero nuovo della politica italiana. Peccato che la sua biografia dica tutto il contrario.

Dovete sapere che il Dario, così simpatico a qualcuno, è democristiano di lunghissimo corso. Pensate che, negli anni settanta, ancora in odore di movimento studentesco, egli è stato eletto come rappresentante studentesco prima al liceo e poi nel Consiglio di Amministrazione dell’Università di Ferrara. Quando ancora le aule delle Università ricordavano le Assemblee studentesche, il nostro Dario pensava bene a farsi eleggere nella più triste e impresentabile rappresentanza, e da DC poi!

Democristiano da ragazzo, figlio d’altra parte di un Dc parlamentare negli anni cinquanta, democristiano da giovane, seguendo le sorti della dissolta DC dal 93 in poi, prima nel PPI, poi nella Margherita, e infine nel PD dove assume la vicesegretaria, presumibilmente con una funzione di riequilibrio rispetto a Veltroni segretario tra le due forze che si erano fuse.

Siamo ai nostri giorni, egli, coraggiosamente, a seguito delle dimissioni di Veltroni, si assume la segreteria del PD per portarlo alle elezioni. Tanto importanti queste elezioni, che, forzando alquanto lo Statuto, la scadenza congressuale non viene anticipata: niente congressi durante la campagna elettorale!

Spirito di servizio si disse allora, ma come spiegare allora questa candidatura oggi? E soprattutto come si può giustificare, di fronte al crollo elettorale? Ricordo che proprio Franceschini utilizzava come parametro di giudizio la distanza tra PDL e PD. Ebbene, non è bastato il crollo d’immagine del signor B. per diminuire questo gap.

Se la politica avesse ancora un senso nel mondo della politica ufficiale, allora il PD dovrebbe parlare dei propri insuccessi elettorali. Di cosa si parla invece? Della simpatia di Dario, del sorriso, simpatico anch’esso, ovviamente della Debora che lo sostiene. Già la Debora, un’altra della lunga serie dei vincitori di lotterie che si sono persi il biglietto, e devo dire che questa donna è stata davvero veloce a perderlo, direi una velocità da record!

Infine, il buon Marino, l’uomo della bioetica, del managerismo e della meritocrazia: un po’ poco per qualificarlo, ma staremo a vedere. A me, vedere molte candidature farebbe piacere. L’ultima, ed è davvero una notizia, non pensate che si tratti di una barzelletta, è che la Binetti ha dichiarato che potrebbe presentarsi anche lei: dopo la tragedia, la farsa.